Intervista a Chiara Scivoletto, neo Direttrice del Centro Interdipartimentale di Ricerca Sociale – Università di Parma
a cura di Francesco Gianola Bazzini – Intervista alla neo Direttrice del Centro Interdipartimentale Ricerca Sociale Università di Parma e Professoressa Chiara Scivoletto.
La tua conferma alla direzione del CIRS, dopo i numerosi attestati di stima ed un consenso unanime, testimonia il riconoscimento per l’attività svolta e la capacità di coinvolgimento dei numerosi studiosi che fanno parte del Centro. Prevale la naturale soddisfazione o lo stimolo per il lavoro futuro?
I consensi e gli attestati di stima sono ovviamente molto graditi (e sarei poco sincera se lo negassi!). Di sicuro, lo stimolo rappresentato dalle prospettive che attendono il Centro è veramente una sfida importante, che accolgo volentieri, in continuità rispetto a quanto già è stato realizzato, sapendo che, appunto, non sarà un lavoro solitario, ma di squadra.
Un bilancio dei primi anni di questo impegno che in origine vedeva coinvolti solo due dipartimenti dell’Università di Parma e che ora si estende addirittura a cinque e soprattutto che annovera tra i suoi membri anche diversi esperti non accademici.
Mi piace ricordare che il Centro è nato diversi anni fa dall’ iniziativa, piuttosto pionieristica, di un piccolissimo gruppo di colleghi sociologi dell’ateneo parmense: pur appartenendo a 2 dipartimenti, condividevamo una certa‘idea’ di ricerca, come riflessione critica sui fenomeni sociali, sia nella dimensione teorica che in quella empirica.
Mi piace ricordare anche che il primo direttore del CIRS è stato Sergio Manghi, che, come co-fondatore, ha condiviso e appoggiato quell’ intuizione iniziale. Il periodo di avvio del CIRS – con la prima direzione di Sergio e la collaborazione preziosa di Sandro Bosi – ha favorito la costruzione identitaria del Centro, contribuendo a farlo divenire ciò che oggi appare con più chiarezza: una casa per studiosi e per operatori sociali che coltivano un chiaro radicamento nella dimensione territoriale.
Su questo solco iniziale, il Centro ha potuto allargarsi ed arricchirsi grazie alle adesioni che sono giunte man mano: oltre alle adesioni di colleghi giuristi e sociologi, appartenenti ai 2 dipartimenti costituenti, sono poi giunte le adesioni di tanti altri colleghi di altri dipartimenti (ben 5, sui 9 che l’Ateneo esprime) e contestualmente sono cresciute le adesioni di esperti e professionisti non accademici. Mi preme ricordare questo aspetto, a cui tengo molto, perché rispecchia una funzione a cui vorrei che il Centro potesse davvero adempiere, prima che ad altre; nel Consiglio del CIRS, che oggi annovera una quarantina di componenti, sono ricompresi studiosi ed esperti non accademici, che a vario titolo si occupano di ricerca sociale, sia nelle organizzazioni (insegnanti, funzionari di Comuni, di ASP, di ASL) che nelle realtà dell’associazionismo, nelle imprese sociali e nel volontariato organizzato. Questo radicamento con i territori, con le esperienze locali, con i saperi esperti, rende il CIRS un luogo situato, attento alle ‘domande sociali’ nei contesti in cui esse emergono, che ci mette in linea con la vocazione dell’università pubblica, chiamata a contribuire alla tenuta democratica delle istituzioni.
Infine, vorrei esplicitare che il CIRS, in aderenza alla sua matrice caratterizzante, è stato pensato non solo come uno spazio aperto al dibattito culturale, utile per la promozione dei saperi e il confronto tra le discipline, ma soprattutto come struttura a disposizione dei più giovani studiosi che desiderano coltivare la passione per la ricerca e che dunque necessitano di risorse, umane e materiali, con cui sperimentare e sperimentarsi, liberando creatività.
Molti progetti sono stati avviati: ce ne vuoi ricordare qualcuno?
Il Centro ha lavorato molto sul piano della diffusione culturale, grazie a un’ampia attività di disseminazione degli studi e delle ricerche condotte dai propri aderenti (presentazioni di libri, lezioni aperte, seminari, corsi di formazione e dibattiti). Questa attività ha contribuito a fare emergere e consolidare quella identità multipla che oggi caratterizza il CIRS e che ne garantisce la vitalità.
Abbiamo inoltre promosso diverse collaborazioni con associazioni ed istituzioni e stiamo definendo accordi specifici nel settore dei servizi socio-sanitari locali. Tali attività riverberano le aree di ricerca privilegiate del Centro, che sono distintamente rinvenibili anche sul sito web, recentemente rinnovato(http://www.cirs.unipr.it/): Infanzia e Adolescenza, Benessere/Benvivere, Future Studies, Giustizia penale, Salute, Scuola, Violenza,Welfare pubblico partecipativo.
Sono attualmente in corso di approvazione e di realizzazione vari progetti che riguardano l’immaginario degli adolescenti e l’uso dei social network, la tutela degli orfani di femminicidio, la genitorialità sociale, il carcere e la Giustizia riparativa, le molestie e la violenza di genere, le trasformazioni del welfare, la sostenibilità ambientale.
E per il futuro quali ricerche dovranno avere maggiore attenzione e priorità?
Il Centro intende proseguire le sue attività confermando quelle che sono già le direttrici del suo impegno: a. il potenziamento della ricerca sociale, con attenzione particolare alla creazione di opportunità per i giovani studiosi; b. lo sviluppo di interventi in sinergia con gli attori del territorio (ciò che -con lessico accademico- chiamiamo ‘attività di terza missione’); c. il metodo interdisciplinare, che permette di valorizzare le diverse competenze e di mettere a sistema programmi di ricerca sfidanti ed innovativi.
I progetti più rilevanti che abbiamo in programma di realizzare nell’immediato futuro sono diretti all’ analisi e alla comprensione di fenomeni sociali emergenti nella realtà sociale della Città di Parma, con particolare riguardo alla vulnerabilità ed alle (nuove e vecchie) povertà.
Usciamo, ma pare non del tutto, da una fase in cui il tessuto e la tenuta sociale sono stati messi a dura prova, quale ruolo può svolgere il Centro che sei stata confermata a dirigere?
L’emergenza determinata dalla diffusione del COVID19 ha acuito le disuguaglianze e ha reso necessario ripensare, con rapidità, agli assetti istituzionali, economici, relazionali del nostro vivere. In questo dibattito, il CIRS ha ritenuto di aprire una call per creare uno spazio on-line, in cui colleghi del mondo universitario ed esponenti delle associazioni possano esprimere ipotesi di lavoro e risultati di ricerca riguardo a temi di policy che riteniamo cruciali per il prossimo futuro, proprio per effetto della situazione di pandemia: le trasformazioni del welfare e delle politiche sociali; le opportunità, i problemi e le condizioni delle tecnologie di comunicazione e controllo; la crisi ambientale e le politiche di sostenibilità. Stiamo per pubblicare il programma dei webinar, dopo averli selezionati fra le proposte che abbiamo ricevuto; andranno in streaming tra settembre e dicembre prossimi e saranno postati sui canali social dell’Ateneo. Oltre a questo, è certo che riorienteremo i nostri progetti di ricerca tenendo in considerazione lo scenario in divenire e i mutamenti intervenuti ad effetto della crisi generata dalla pandemia.
Con quale metodologia pensi dovrete affrontare il lavoro futuro?
Per me il Centro è, innanzitutto, un gruppo di persone capaci di ascolto e di riflessività. La cura dei legami e la piacevolezza delle relazioni che ho potuto sperimentare finora me lo confermano e soprattutto mi fanno ben presagire per il futuro. Il Centro lavorerà per migliorare lo spessore interdisciplinare delle proprie attività, che rappresenta un obiettivo prioritario. La sfida più appassionante mi pare proprio questa!
Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato e ti auguriamo buon lavoro.
Grazie a voi per l’accoglienza!
Chiara Scivoletto è professore associato di “Sociologia giuridica, della devianza e del mutamento sociale” (SPS/12), attualmente in servizio presso il Dipartimento di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali dell’Università di Parma, dove insegna “Sociologia della devianza” e “Criminologia” pressoil Corso di laurea triennale in Servizio sociale e “Sociologia giuridica e del mutamento sociale” presso il Corso di laurea magistrale in Programmazione e gestione dei servizi sociali. Nella stessa Università, ha diretto il Dipartimento di Scienze penalistiche (2010-12) e il Consiglio unificato di corsi di studio in Servizi sociali (2012-2019). La sua produzione scientifica si focalizza sull’analisi dei rapporti tra società ed istituzioni con uno specifico interesse al ruolo svolto dal servizio sociale, nell’interazione col sistema giuridico. Ha condotto studi sulle pratiche di sostegno ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, sulle tematiche legate ai fenomeni migratori e alle politiche sociali e penali per i minori stranieri. Le sue ricerche più recenti riguardano il tema della salute in carcere, l’implementazione delle norme sulla probation e l’approccio della Giustizia riparativa.La sua ultima monografia si intitola Guarire dal male? Cultura giuridica e Sanità in carcere ed è edita per i tipi di FrancoAngeli (2018). Tra i più recenti contributi in riviste, si segnalano:“La messa alla prova per l’imputato adulto. Una ricerca in Emilia-Romagna”, con D. Manella e F. Mantovani, pubblicato in “Studi di Sociologia”, n. 2, 2020;“Genitorialità sociale affidataria e continuità dei legami affettivi”, con A.R. Favretto, pubblicato in “Sociologia del diritto”, n. 1, 2020; “Children’s Rights e Sociologia”, in E. Luciano e L. Madella,a cura di, I diritti dei bambini e degli adolescenti: spunti di analisi e ipotesi di lavoro, ed. Junior-Bambini, Reggio Emilia (in stampa).
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