La fraternità necessaria e il bivio della cura- Dialogo sulla Lettera ‘Fratelli tutti’
Il 3 ottobre di quest’anno Papa Francesco ha firmato ad Assisi la lettera enciclica ‘Fratelli tutti’, che invita l’umanità tutta ad agire in un’ottica di fraternità e riconciliazione globale alla ricerca di un nuovo orizzonte per il mondo contemporaneo. Il contributo che segue è parte di un dialogo, franco e approfondito, con una serie variegata di interlocutori, sulla lettera neo pubblicata e sulle tematiche di fraternità e amicizia sociale cui è dedicata.
di Marco Ingrosso
La Lettera enciclica Fratelli tutti (FT)1 si pone sulla scia della Laudato si’ (LS)2: nel loro insieme, questi due testi si configurano come i più rappresentativi e caratterizzanti del pensiero di Francesco, un canto limpido e inconfondibile che si diffonde profeticamente in questo scorcio di secolo. Non a caso, le note bibliografiche di FT rimandano a decine di interventi e documenti dello stesso Papa pronunciati ed emanati negli ultimi anni. Come egli stesso afferma: «Le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state tra le mie preoccupazioni.» (LS: 2)
Com’è noto, l’enciclica dedicata alla ‘cura della casa comune’ si caratterizzava per la stretta connessione che istituiva fra l’ecologia ambientale e l’ecologia sociale, interpretate in solido in termini di ecologia integrale, che corrispondeva ad una conversione economica, sociale, culturale e spirituale auspicata rispetto all’attuale paradigma tecnocratico e razionalista.
La LS, comparsa nel maggio 2015, aveva come trama sottostante una visione sistemica e connessionista del mondo che si coniugava con un atteggiamento di responsabilità e cura dell’uomo verso la terra, l’acqua, il pianeta: «La cura del mondo – si affermava – deve essere flessibile e dinamica» (137). Essa comprende l’accettazione e la cura del proprio corpo (144), per subito allargarsi ad un amore fraterno verso il più povero e fragile e diventare ‘fraternità universale’ verso tutti e verso tutto il creato: «L’amore fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale» (LS: 196).
Già il titolo dell’enciclica metteva in luce il bisogno di «una cultura della cura che impregni tutta la società» (198), dai piccoli gesti quotidiani alle grandi strategie politiche macrosociali capaci di concepire il pianeta come una casa comune, facendolo diventare una ‘patria’ per il popolo-umanità. Questo tema della custodia e della cura del creato, d’altra parte, era già presente fin dai primi passi di questo papato; infatti nella messa di inizio del pontificato (19 marzo 2013) Francesco affermava: «La vocazione del custodire […] ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore […] è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza». Si ritrova in questi testi un’etica della responsabilità verso il mondo che ricorda molto da vicino l’«I care» di don Milani, non a caso onorato dal Papa con una visita alla tomba posta davanti alla sua Scuola di Barbiana (20 giugno 2017).
Nella LS diversi sono i riferimenti alla fraternità e all’amicizia civica, sia perché «Ogni lesione alla solidarietà e all’amicizia civica provoca danni ambientali» (134, facendo propria un’affermazione di Benedetto XVI) e degrada l’ecologia sociale (135), ma soprattutto perché la fraternità costituisce una cura, un percorso di guarigione rispetto all’antropocentrismo e individualismo della vita contemporanea (117).
Nel testo del 2020, Fratelli tutti, ancora maggiormente si sente l’influenza di un pensiero complesso, non solo di matrice sistemica, ma profondamente post-dualista, ossia relazionale, dialogico, cooperativo, dinamico. Sono evidenti i riferimenti a Paul Ricoeur (e indirettamente all’ ‘etica della differenza’ di Emmanuel Lévinas) e a Martin Buber, laddove si parla di dialogicità, di rispecchiamento di Sé nell’altro, di relazione fra un Tu e un altro Tu. Nella sua opera maggiore Ricoeur affermava: «Come la si voglia modulare, ‘l’uguaglianza sta alla vita nelle istituzioni come la sollecitudine sta alle relazioni interpersonali’. La sollecitudine offre al sé quale faccia a faccia un altro che è un volto, nel senso forte che Emmanuel Lévinas ci ha insegnato a riconoscergli. L’uguaglianza gli offre come faccia a faccia un altro che è un ‘ciascuno’. […] la giustizia aggiunge qualcosa alla sollecitudine, nella misura in cui il campo di applicazione dell’uguaglianza è l’umanità intera.»3
L’analisi di Papa Francesco continua a ruotare nei due documenti intorno a tre relazioni fondamentali: quella col Dio Padre e Creatore, quella coi fratelli, quella con la terra (LS: 76). È interessante rilevare, a tal proposito, la citazione di Georg Simmel che si ritrova in FT (39): «l’uomo è l’essere-limite che non ha limite»4, una definizione significativa e paradossale che vuole andare al di là del dualismo materia-spirito. D’altra parte, diverse sono le composizioni degli opposti che il testo non solo enuncia, ma argomenta in modo convincente e creativo: ad esempio quella fra mantenimento dell’identità locale e apertura al mondo globale, quella fra amore della propria patria e amore universale, quella fra perdono che favorisce la riconciliazione e lotta contro l’oppressione, quella fra scienza (comprese le scienze sociali) e cultura, fra scienza e religione, superando le contrapposizioni pregiudiziali tipiche del pensiero moderno e ancora così diffuse nella contemporaneità.
Per molti aspetti il pensiero moderno è visto come portatore di novità positive anche per la religione, ma esso non sempre porta a compimento le sue intuizioni, in particolare quella insita nella triade libertà, eguaglianza, fraternità. L’espulsione sia pratica sia teorica del termine finale è stata fonte di incompiutezza sia dell’aspirazione alla libertà, degenerata in individualismo e massificazione consumista, sia di quella per l’uguaglianza, degenerata in economicismo ripartitorio (capacità solo di essere soci, senza fraternità, specie coi nuovi arrivati: 27) e in rigetto delle diversità. La fraternità è necessaria nell’ambito dell’economia (economia del dono e economia dei beni comuni), nell’ambito della pace e riconciliazione, per dare motivazioni alla cura in tutte le sue forme, per unire le persone in appartenenze e riconoscimenti comuni, per una visione non utilitarista della vita, per esercitare le necessarie forme di gratuità che non richiedono contraccambio, persino nel campo della politica (amore politico), così come nel campo educativo e della solidarietà: «L’impegno educativo, lo sviluppo di abitudini solidali, la capacità di pensare la vita umana più integralmente, la profondità spirituale sono realtà necessarie per dare qualità ai rapporti umani.» (43)
A tal proposito, scrive Andrea Grillo: «Se la libertà non è fraterna (ossia in qualche modo originariamente relazionata) e se la eguaglianza non è fraterna (ossia in qualche modo strutturalmente differenziata) entrambe perdono se stesse. Così scopriamo, oggi, con molta maggiore lucidità di 100 o 50 anni fa, che la inevidenza della fraternità corrisponde alla inevidenza della libertà e della uguaglianza. […] La fraternità come ‘relazione di comunione radicale tra diversi’ è così condizione di libertà iniziata e di eguaglianza dei diversi. Ma per questo deve allo stesso tempo essere determinata in concreto e affermata come un universale.»5
La fraternità in Francesco non è utopia ‘buonista’, ma l’indicazione di un concreto cammino nella storia, in particolare quella contemporanea segnata da una critica radicale di ogni autorità (specie ‘paterna’) e memoria, ma frustrata dai ‘sogni che vanno in frantumi’ e da una sorta di ‘terza guerra mondiale a pezzi’. Come scriveva Bauman all’inizio del nuovo secolo6, nella società globalizzata vi è un desiderio frustrato di comunità che è diventato, nella crisi globale post-2007/8, retrotopia e populismo7, i cui echi si trovano anche nell’ampia parte della FT dedicati ‘alla politica di cui c’è bisogno’ (45) e alla comunicazione digitale (che non è sufficiente ad unire gli uomini). Tuttavia il paritarismo competitivo-aggressivo e il narcisismo individualista che contrassegnano i rapporti sociali contemporanei possono trovare in una nuova cultura della cura di tipo reciproco e fraterno un antidoto, dato che queste forme di cura esprimono una libertà responsabile, il rispetto egualitario dell’altro, la coerenza con la norma etica e la collaborazione alla costruzione del bene comune.
La diffusione di modalità di cura reciproche, paritarie, fraterne diventa oggi un traguardo non solo possibile ma necessario, rispondente alla forma sociale contemporanea, aliena sia al paternalismo che al maternalismo: «Chi organizza la cura, specie se ha un incarico collettivo, ha un onere di iniziativa e responsabilità. In questo senso egli spesso si muove in modo asimmetrico per portare aiuto. Il suo agire richiede tuttavia presto un riequilibrio, un gioco di scambio reciproco e paritario in cui anche chi cura ha un ritorno emotivo, la soddisfazione di aver prodotto un bene che attenua e supera le diseguaglianze, le disparità. Nel campo sociale ciò si traduce in una progettazione guidata da orientamenti ‘giusti’, ispirati dall’eguaglianza, ma caratterizzati anche da una consistente dimensione di fraternità: senza fraternità, ossia relazione sociale reciproca, si rischia di perdere di qualità ed efficacia, e quindi di creare una cura insoddisfacente, non adeguata alle attese del presente.»8
Vorrei concludere assumendo l’indicazione che viene dal capitolo settimo di FT: ‘percorsi di un nuovo incontro’. Francesco sta parlando della pace fra i popoli, ma tutta la sua analisi precedente si può applicare anche alle incomprensioni e ai conflitti della vita quotidiana, interni ad ogni formazione sociale. Per mutare tale situazione: «… c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia.» (FT, 58).
Anche il campo della cura vive oggi una latenza e indeterminazione di rapporti: si è impantanati e incerti in una sorta di conflitto permanente fra curanti e curati giocato sulla sfiducia, sulle carenze sia degli uni sia degli altri, sulle mancanze di un quadro organizzativo adeguato. Per contro, l’esperienza vissuta collettivamente della lotta alla pandemia da Covid-19, con il personale sanitario in prima linea, ha riaperto al desiderio e alla necessità di una nuova ripartenza, basata sul riconoscimento del valore dei professionisti, la considerazione delle legittime attese delle persone in cura di ottenere attenzione e partecipare attivamente ai percorsi terapeutici, l’insostituibilità della sanità non solo pubblica ma collettiva, da risentire come un bene comune. La via d’uscita da questa latenza non è quella di una semplice espansione quantitativa di addetti e risorse, ma piuttosto sta nella definizione di un nuovo patto di cura che origini una innovazione vasta, percepibile, partecipata di tutto il sistema sanitario e di salute9.
La lettera di Papa Francesco ci porta dunque a vedere con nuovi occhi il momento che stiamo vivendo: si tratta di una occasione unica e storica per trarre insegnamenti dalla crisi in corso e non tornare indietro all’assetto precedente, ma intraprendere insieme una nuova strada. Si vedrà presto quanti, venendo da diversi luoghi, si raduneranno per porsi su questo nuovo cammino!
Leggi anche: Fraternità e politica – Dialogo sulla Lettera “Fratelli tutti” di Sergio Manghi
1 Papa Francesco, Lettera Enciclica Fratelli tutti del Santo Padre Francesco sulla Fraternità e l’Amicizia sociale, data ad Assisi il 3 ottobre 2020, Libreria Editrice Vaticana, Roma (i numeri fra parentesi nel testo si riferiscono alle pagine di questa edizione).
2 Papa Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune, Edizioni San Paolo, Milano, 2015 (i numeri fra parentesi nel testo si riferiscono alle pagine di questa edizione).
3 P. Ricoeur, Sé come un altro, Jaca Book, Milano, 1993, pp. 299–300.
4 G. Simmel, Ponte e porta, in Saggi di estetica, a cura di M. Cacciari, Liviana, Padova 1970, 8.
5 A. Grillo, Difficile fraternità: la tensione tra evidenza e autorità in “Fratelli tutti”, Pubblicato l’11 ottobre 2020 nel blog: “Come se non” http://www.cittadellaeditrice.com/munera/difficile-fraternita-la-tensione-tra-evidenza-e-autorita-in-fratelli-tutti/.
6 Z. Bauman, Voglia di comunità, Laterza, Roma-Bari, 2001.
7 Z. Bauman, Retrotopia, Laterza, Roma-Bari, 2017.
8 M. Ingrosso, La cura complessa e collaborativa, Aracne, Roma, II ed. 2018, p. 86.
9 M. Ingrosso, Un nuovo patto di cura per il piano di rilancio del SSN, «Sistema salute», in stampa.
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