VALENZE PLURIME E NUOVE DECLINAZIONI DEL DIGIUNO
Di Luciano Mazzoni Benoni
(intervento al convegno “Digiuno Rituale” – Parma, 27.3.2021)
Il mio pensiero, qui ricondotto a poche righe, cerca di esprimere differenti aspetti della problematica legata alla pratica del digiuno: su diversi piani ma tuttavia convergenti ed a mio avviso meritevoli di attenzione; con un invito conclusivo.
Il primo, riferito ai miei pluridecennali studi in antropologia culturale: solo per attestare la presenza di questa pratica già nelle società semplici e nei popoli senza scrittura. Generalmente connesso ai c.d. riti di iniziazione = vale a dire ai “passaggi di stato” che intervengono a modificare la condizione nell’esistenza del singolo all’interno del clan o della tribù di villaggio. Questo primo richiamo, estraggo la considerazione che questa matrice atavica potrebbe risvegliare in tutti, nel nostro mondo secolarizzato, un interrogativo circa il valore intrinseco del digiuno, rimasto intatto e quasi immutabile oltre il fattore del tempo …
Il secondo, lo traggo dai miei studi sulla dimensione propriamente religiosa, sempre letta in ottica antropologica prima che teologica, e quindi in chiave interculturale: anche in tal caso per rilevare la presenza di questa pratica pressoché in ogni tradizione religiosa, spesso con frequenti e chiari transiti interculturali ed evidenti fenomeni di quel ‘sincretismo’ (che continua a inorridire tanti puristi e che invece si manifesta sempre più come un fiume carsico onnipresente!). A chiunque non sia guidato da miopi gelosie confessionali o ideologiche, apparirà come evidente la corrispondenza talvolta stupefacente fra riti di diverse tradizioni: convergenti in una pratica come il digiuno che indiscutibilmente sottende un comune terreno psicologico e corporeo, al di là delle credenze di riferimento. Una pratica tuttavia -specie in ambito cristiano occidentale- piuttosto in disuso, perché erroneamente considerato obsoleto in quanto connesso a logiche penitenziali e perfino punitive della dimensione corporea: poco proponibili alla mentalità disincantata di oggi, che però getta via il bambino insieme all’acqua sporca! Al contrario -ecco la mia riflessione- andrebbe preservato il valore virtuoso ed evolutivo del digiuno, che potrebbe essere ricompreso in una nuova ed aggiornata vita spirituale che sempre necessita di momenti di ‘distacco’ e di ‘nuovo inizio’. Da questo punto di vista, mi permetto di far presente l’iniziativa che ormai da oltre 15 anni mi vede partecipe in veste di bionaturopata; la conduco insieme al suo ideatore, il celebre barnabita padre Antonio M. Gentili (autore dei libri Pane e acqua e Gli otto digiuni, ed. Ancora), il quale in vari luoghi di ritiri (Eupilio – Campello – infine Assisi) la promuove sotto il nome di Corsi di Digiuno & Meditazione: per una rieducazione ad un tempo corporea e spirituale (basata su premesse trans-religiose e sulla spiritualità cosmica, tramite modalità interculturali ed interreligiose convergenti in ottica olistica e salutista). Con documentati benefici sia per il corpo, che per la mente, che per l’anima.
Il terzo lo connetto alla mia attività, testè accennata, di bionaturopata alla quale, pur non dedicandovi un impegno professionistico, ho tuttavia riservato uno spazio di rilievo negli studi medici e paramedici fin dai primi anni ’90, che intrapresi sulle orme del famoso medico parapsicologo Massimo Inardi. Ebbene: sempre più -anche nella medicina convenzionale occidentale e non solo in quella tradizionale- il digiuno (un tempo ritenuto quale primo ed abituale rimedio nelle generalità dei casi dai vecchi medici di famiglia) viene reintrodotto nelle terapie quale fattore complementare rilevante: e questo ormai sulla base di evidenze cliniche conclamate. Basti menzionare qualche autorevole studioso di oggi: da Bruno Veronesi a Franco Berrino, da Walter Longo a Simonetta Marucci fino a Erica Francesca Poli. Entro tale comprensione non siamo portatori di una c.d. ‘medicina alternativa’, bensì piuttosto promotori della c.d. ‘medicina integrata’, in grado di superare ogni abuso farmacologico e di far convergere sinergicamente le acquisizioni delle nuove scienze mediche: mi riferisco almeno a due filoni di ricerca: anzitutto quello della PNEI = psico – neuro – endocrino- immunologia; e poi quello delle terapie mirate alla cura del microbiota[un organismo di cui siamo ignari e che ospitiamo nel nostro corpo, ma che è dotato di un numero di cellule 10 volte superiori a quelle umane]= con prebiotici, probiotici, postbiotici, simbiotici e psicobiotici. In tal modo vengono integrate sinergicamente nuove scienze ed antiche fonti sapienziali: a cominciare dal manuale di Patanjali per la purificazione integrale ma presenti in ogni tradizione arcaica di ogni continente. Di qui segnalo come al digiuno venga assegnata una funzione di ‘discontinuità’ in grado di favorire una rinnovata ‘alleanza terapeutica’ col proprio corpo prima che col farmaco; alleanza che rende così il paziente non subalterno e passivo, bensì soggetto agente e proattivo della propria guarigione.
Desidero concludere con il richiamo ad una recentissima iniziativa proposta dal canadese Tias Little – che proietta quello che conosciamo come “il digiuno del cuore” (finalizzato alla ascesi personale) ad un “digiuno ecologico” = cioè mirato al “ri-allineamento dell’ordine cosmico delle cose”, vale a dire al benessere del Pianeta (insidiato dai danni prodotti dalla specie umana che ha agito in ottica antropocentrica) -senza il quale sarebbe illusorio e impossibile puntare alla nostra salute- e ad una ritrovata armonia fra tutte le creature umane-animali-vegetali. Quindi un invito, rivolto a credenti e non credenti, a vivere questo periodo di restrizioni come astensione dal consumismo e dalla iper-alimentazione, dallo spreco e dallo scarto, dai viaggi e dagli spostamenti inutili, da ogni “superfluo” in modo da preservare acqua-aria-suolo-energia.Un antico mantra vedico a tal fine ci può accompagnare: “Om vardhanamnamah” (che significa: io nutro l’universo e l’universo nutre me). Una frase da meditare e da tradurre nella realtà odierna.
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