“31 anni e una pandemia”. Capitolo 17: Weekend

⏮️Vai al capitolo precedente

Vai al capitolo successivo⏭️

Giuseppe Turchi

31 anni e una pandemia

 

Parte II
“Liberato”

17. Weekend

È mercoledì e l’Atalanta ha appena perso col PSG. Sono dispiaciuto perché i nostri hanno giocato come leoni andando in vantaggio nel primo tempo e facendosi sorpassare a pochi minuti dalla fine. I talenti del colosso francese hanno fatto la differenza.

Personalmente ho sempre avuto un debole per chi gioca la parte di Davide contro Golia. Riuscire a fare bene senza la potenza economica dei top club è a dir poco ammirevole. Significa che la squadra intera è diventata un luogo di crescita e collaborazione. Che non ci si affida ai piedi dei soliti noti (e lo dico da interista che sogna l’arrivo di Messi).

Sotto alla TV la mia Rosa di Gerico si sta aprendo di nuovo. Questa volta sembra che non voglia parlarmi. L’aria nella mia camera è torrida nonostante fuori ci sia una temperatura gradevole. In compenso c’è molto più ordine. Ho quasi trasferito tutto nel nuovo appartamento. Finalmente i miei libri possono stare comodi in libreria e non ammassati in malo modo sulla scrivania o, peggio, negli armadi. Mi mancano da traslocare solo la TV e i vestiti dopodiché l’avventura avrà inizio.

Ormai siamo già a metà agosto. Che fine hanno fatto i mesi precedenti? Perché ne ho una percezione così flebile? Non avessi tenuto un diario, mi sarebbe sembrato di non aver fatto niente.

«È il tuo solito difetto: punti solo agli obiettivi e non guardi mai al percorso.»

Chi parla? Mi guardo intorno. Fuori dalla finestra non vedo nulla. Decido di uscire nel cortiletto del condominio. Il solito lampione mi guasta la visuale del cielo notturno. Il cielo… Stelle Cadenti, siete voi?!

«Quest’anno non sei venuto a guardarci. Abbiamo sentito la tua mancanza.»

La mia mancanza? Non siate ruffiane. Sette miliardi di persone possono ammirarvi. Io ho già gettato troppi desideri al vento.

«Noi diamo solo spettacolo, non facciamo promesse. Goditi il momento.»

Stasera non ci riesco. L’angoscia per il futuro mi attanaglia ancora e il nulla di ciò che è stato mi abbatte.

«Allora respira bene, di pancia.»

Ci mancavano solo le meteore che mi fanno corsi di mindfulness. Una bella respirazioncina diaframmatica me la concedo comunque. Più che focalizzarmi sul presente, mi rendo conto di quanto, negli ultimi mesi, la mia vita sia stata scandita dal ritmo delle partite di calcio.

«E tu non eri nemmeno un gran appassionato…»

Già. A forza di dialogare con un amico delle prodezze di Ronaldo, Messi e Ronaldinho l’interesse in me è maturato sempre più. Di tattica non capisco un granché. Mi affascinano il gesto atletico, la precisione dei passaggi, i goal impensabili. E poi sono sempre stato un tifoso depresso dell’Inter che non tollera lo strapotere della Juventus. L’idea del progetto per risollevare il club nerazzurro mi ha coinvolto emotivamente. O forse è stata la routine a coinvolgermi.

Non sai cosa fare una sera? Cogli l’occasione per una camminata, esci di casa, incontri qualche persona al bar e ti tieni impegnato per quelle due orette. Avere un calendario ti dà sicurezza: qualunque cosa succeda tu avrai un momento di svago a disposizione.

«Spiegaci meglio. Con tutto quello che quest’estate ti può offrire, tu stai dicendo che la ricorderai per le partite a porte chiuse?»

Questo ho riscoperto: la banale piacevolezza di una partita di calcio. Piacerebbe anche a me fare i bagordi e rivivere le gioie negate dell’adolescenza, gli anni delle immense compagnie. Ora come ora, però, odierei la confusione, quindi non saprei nemmeno godermi quello che vorrei godermi. Ho un po’ paura, in verità.

«Di cosa?»

Che la mia vita si riduca a giorni trascorsi per arrivare al weekend come dicevano Ligabue e gli 883 nelle loro canzoni. Lo trovo alienante. Lavori meccanicamente per quaranta ore la settimana, hai un picco d’emozione il venerdì sera e di depressione la domenica, poi ti ritrovi a guardare ancora più avanti, a quando avrai quelle due o tre settimane di ferie in cui farai il viaggetto da documentare sui social. Cosa diavolo puoi realizzare in un contesto del genere? Per quali scopi ti alzi la mattina, se non per tirare avanti? Il weekend, la partita, la vacanza sono tutti ritagli di tempo, fugaci momenti di piacere in un mare di fatica e problemi. Stelle cadenti, come voi.

«Molte persone vivono benissimo così. Non puoi giudicarle solo perché tu senti la mancanza di qualcosa.»

Sì, io voglio un progetto. Voglio veder crescere qualcosa e che questo mi dia un piacere che non sia effimero come voi. Prendete a esempio le comete. Anche loro sono passeggere ma la scia è lunga e brilla per giorni. Ne è passata giusto una poco tempo fa. L’hanno chiamata Neowise. Sono riuscito a intravederla dagli splendidi prati di Pian del Monte a Tiedoli. La vista del cielo lì è ammaliante.

«Abbiamo capito. È di nuovo la privazione che ha scavato un solco nella tua anima, e ora cerchi di riempirlo.»

Sì, dannazione! La mia vita è stata una pena per lunga parte e non accetto che questa sofferenza non sia valsa a qualcosa. Un progetto implica una realizzazione, e una realizzazione per me significa riscatto. Ecco perché mi angoscia l’idea di una vita passata per un weekend. Ecco perché sono ambizioso oltremisura. Se solo non fossi altrettanto arrendevole…

«Lascia che queste brutte idee vengano via con noi.»

Quali brutte idee?

«Il riscatto, il non andare bene, la sofferenza passata che ti perseguita come un avvoltoio. Perché hai fatto di loro la tua cometa dalla coda lunga? Perché hai riservato a noi i momenti felici che hai passato? Inverti la rotta! Lascia che siamo noi a portar via ciò che non ti serve!»

Avete detto di non fare promesse.

«Infatti, sta a te cambiare prospettiva. Per trent’anni ci hai guardato con frustrazione e delusione. Adesso dacci un nuovo significato.»

 

 Vai al capitolo successivo: Chicchi

 

 

 

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *