Renzo Pezzani- Il soldato poeta
di Antonio Battei
Renzo Pezzani ha vita breve infatti muore, povero e dimenticato da tutti, a 53 anni per strada mentre cerca conforto dal suo parroco: è una limpida mattina del 14 luglio del 1951. Da anni in volontario esilio nel suo eremo a Castiglione Torinese lascia una copiosa messe di liriche in italiano.
Ed anche se oggi la sua scrittura non è di moda, ugualmente merita una lettura o ri-lettura, merita la nostra attenzione sempre che ne siamo ancora capaci, travolti come non mai da un continuo vociare d’invadenti media.
Vita tormentata la sua: nel 1915 parte volontario per la Prima Guerra Mondiale, nel 1919 aderisce al Partito Socialista e al sindacalismo di Alceste De Ambris, nel 1924 aderisce al Fascismo per poi velocemente allontanarsene financo essere poi perseguitato dalle squadracce, nel 1944/45 è partigiano nel torinese, per poi aderire al Partito Comunista Italiano.
È del 1923, allora venticinquenne, la lirica qui proposta parte della raccolta “Artigli” poi ristampata in cinquecento copie numerate in ‘Opera Omnia’ volume I (Battei – Parma) a cura di don Gino Marchi con introduzione di Giuseppe Marchetti.
‘La posta’ celebra, con una delicatezza che arriva linda e pura al cuore del lettore, il soldato in trincea, le sue paure, le sue ansie, i suoi sentimenti: la commovente speranza di riabbracciare, tra sogno e realtà, la madre.
La posta
Sempre alla stessa ora di notte,
come ad un rito,
nella nera trincea, i fanti,
vivi sol nel respiro,
attendono la posta.
Quanti,
quanti piccoli fogli scritti male
passan da mani sporche
ad altre mani ruvide, tremanti.
E quanti i fanti
che non hanno risposta
e si mordono l’anima in silenzio
(perché pianto non odano i fratelli)
e nel buio bevon lagrime e fango.
Ma domani guardandoli nel viso
ad uno ad uno,
troverò i segni del martirio muto
e a bassa voce, che non oda alcuno,
domanderò:
“Perché, fratello, non mi chiedi aiuto?”
Oh! Non importa poi riposar male
Quando si ha sotto il guanciale
una lettera della mamma:
la lettera scritta male, scorretta,
(la mamma non ha fatto
che la seconda elementare, poveretta!);
la lettera bianca
scritta dopo cena
di tenerezze piena
e di dolcezza;
la lettera che le sarà sembrata
faticosa, eterna,
per lei che non ci vede senza occhiali,
al lume di lucerna.
“…..
T’ho preparato la stanzetta,
il vestito grigio,
due bottiglie di vinsanto
del sor Remigio,
quel vino dolce che ti piace tanto.
Perché non torni?
Tutti i giorni
mi sporgo alla finestra
e guardo, guardo per la via maestra
se tu ritorni.
É venuto Carlo il figlio del fattore,
Gigetto quello della Badia,
Ugo del fabbro, anche lui sai…
Tutti tornano e tu non torni mai.
Quando all’ultima licenza
spargesti la semenza
della rosella selvatica
mi promettesti: – Mamma,
ritornerò quando sarà fiorita. –
Come l’ho custodita,
Come l’ho curata!
Quante volte m’insanguinai le dita!
…..
Ma la rosella è fiorita
e tu non torni”
Tutti i giorni
una lettera bianca scritta male
dentro allo zaino che mi fa da guanciale,
una lettera bianca
a volte con un fiore
(un fiore della mia rosella)
rosso come un cuore.
Ed io rispondo:
“Mamma,
ritornerò un dì che nella mente
tu non m’avrai,
assorta nelle cure della casa silente.
Al primo colpo starai in ascolto
poi chiederai: – Chi batte? –
Il cuore allora si ricorderà
subitamente, e il volto
sbiancherà come un giglio.
Io ti dirò: – Apri, mamma, son’io,
sono tuo figlio! –
Non ci diremo nulla
perché la gioia ci avrà fatto muti.
Tu piangerai.
Io no, guarderò attorno ogni cosa,
e mi parrà strano,
quasi non vero,
l’essere stato lontano.
Ma no; che guardandoti più attento
i tui belli occhi troverò più stanchi
e sotto il fazzoletto
molti, troppi capelli bianchi.”
Renzo Pezzani
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