PROMUOVERE LA SALUTE NELLE CITTÀ: UN INVESTIMENTO SUL FUTURO
di Marco Ingrosso
Il cammino della Promozione della salute
La Promozione della salute (PS), spostando il suo focus dalla patologia alla salute, costituisce una delle maggiori rivoluzioni concettuali e operative della sanità pubblica dell’ultima parte del XX secolo. Essa tuttavia è ancora in gran parte incompresa e inapplicata, specie dagli ambienti sanitari. Nonostante i formali e tardivi accenni presenti nei Piani Sanitari Nazionali dei primi anni del XXI secolo, essa ha conosciuto scarsi investimenti e riconoscimenti, ha scontato la mancanza di personale dedicato, ha cozzato contro la riduzione e il mancato riorientamento dei servizi preventivi e sanitari (come chiedeva la 1a Assemblea mondiale tenuta ad Ottawa, in Canada).
Nella sua prima fase ‘creativa’ (Ingrosso, 2013) la PS si è concentrata sugli obiettivi indicati dalla Carta di Ottawa e ribaditi dalle Raccomandazioni di Adelaide [1988] e dalla Dichiarazione di Sundsvall [1991], ossia: a) creazione di ambienti di vita quotidiana favorevoli alla salute (Città sane, ospedali e scuole promotori di salute, promozione della salute negli ambienti di lavoro, ecc.); b) rafforzamento dell’azione delle comunità (coinvolgimento delle amministrazioni locali, delle associazioni culturali, sportive e di volontariato, delle reti comunitarie, ecc.); c) riorientamento dei servizi sanitari nella logica di renderli più adeguati ad interagire con gli altri settori, in modo tale da svolgere un’azione comune per la salute della comunità di riferimento (un aspetto risultato molto più problematico del previsto, come detto sopra); d) sviluppo delle capacità personali e del ruolo attivo delle persone nelle scelte di salute (qui sono stati compiuti gli sforzi maggiori attraverso il coinvolgimento degli ambienti scolastici e di quelli comunitari); e) costruire politiche pubbliche per la salute e favorire il coordinamento delle politiche (questo obiettivo è stato ripreso e approfondito negli anni successivi, specie di fronte all’estendersi della crisi ambientale e delle diseguaglianze di salute).
Tali obiettivi incontrano negli anni ’90 difficoltà crescenti in ragione dei forti cambiamenti economico-politici (prevalenza degli orientamenti neoliberisti), epidemiologici (transizione demografica ed epidemiologica) e sociali (cultura individualista e narcisista) che spostano l’accento sul contenimento dell’azione pubblica e del welfare, sulla prevalenza dell’assistenza agli anziani, sul ridimensionamento dell’educazione e prevenzione come pesi morti contrari all’ottica prestazionale e aziendalistica imperante. È per questa ragione che molti degli obiettivi della Dichiarazione di Jakarta e delle Raccomandazioni di Città del Messico (2000) rimangono lettera morta (in particolare: aumentare gli investimenti, garantire un’infrastruttura per la PS, ampliare le partnership, colmare il gap delle diseguaglianze). Si avvia un periodo di “riadattamento e rielaborazione” (Ingrosso, 2013) che porta, dopo cinque anni di latenza, alla Carta di Bankok [2005] in cui la PS cerca di fare i conti col nuovo scenario globalizzato in cui molte attività di wellness sono rifluite nell’ambito del mercato, mentre nei servizi sanitari pubblici riemerge l’enfasi per la prevenzione coniata in termini di Evidence Based Medicine. Come reazione la PS sviluppa il campo della comunicazione della salute e realizza accordi etici con partner privati, associativi e del wellness locale.
A partire dalla Dichiarazione di Nairobi [2009] e soprattutto da quella di Rio de Janeiro [2011] il movimento internazionale della PS ricomincia a puntare sui grandi cambiamenti di scenario resi necessari dalla crisi economica mondiale sviluppatasi a partire dal 2007/8, in primo luogo riaffrontando in modo deciso la questione delle diseguaglianze (mettendo in campo l’analisi dei determinanti di salute e lo strumento della ‘salute in tutte le politiche’) e ponendosi l’obiettivo di concorrere allo sviluppo sostenibile, alla salute globale e al contrasto del cambiamento climatico (Dichiarazione di Shangai del 2016). Ma esso rientra in gioco anche nel campo della ‘cura della salute’ (in particolare attraverso l’approfondimento del concetto di salutogenesi) impegnandosi nella qualità degli ambienti ospedalieri e sulla promozione della salute durante i periodi di disagio e malattia, nonché nelle condizioni di anzianità, disabilità, cronicità. In tal modo si passa da una prospettiva di intervento centrata sul benessere e sui rischi della condizione giovanile ad un orientamento che vede possibile promuovere la salute in tutte le età della vita e in tutte le condizioni di vita.
Una nuova strategia per investire in salute
La pandemia da Covid-19 presenta caratteri tali da richiedere apprendimenti e ripensamenti (Eupha-Health Promotion et al., 2020; Asvis, 2020; Ghebreyesus, 2020) in tutta la strategia della promozione della salute, ma dentro un quadro che non può che essere di riforma profonda di tutto l’assetto dei servizi socio-sanitari, e in particolare di quelli territoriali (Laverack, 2017; Ingrosso, 2018). La PS per operare validamente ha bisogno di maggiori riconoscimenti e di un’autonomia operativa che le permetta di porsi come ponte fra territorio e struttura sanitaria. Secondo queste prime riflessioni, è necessario:
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che la promozione della salute disponga di team multidisciplinari radicati nelle comunità locali e dotati di risorse adeguate, capaci di interloquire coi servizi sanitari (cure primarie), con i servizi sociali territoriali (sostegno e attenzione a soggetti vulnerabili), con la scuola, con gli ambienti di lavoro e con quelli del tempo libero, con le reti associative, con le società sportive amatoriali, con gli operatori delle pratiche mente-corpo, con gli operatori culturali stabilendo nuove connessioni e progettazioni e portando ad un coinvolgimento allargato e inclusivo delle popolazioni dei territori;
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che si rafforzi la sostenibilità di tutto il sistema collettivo di cura e di salute, estendendo le esperienze di promozione della salute negli ospedali, nelle cure primarie, nell’ambito della salute mentale e del disagio sociale;
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è necessario continuare a lavorare per l’empowerment, l’engagement e la partecipazione dei cittadini al fine di accrescere la resilienza di individui, famiglie, gruppi e comunità. Si deve tenere conto del malessere sociale e del disagio creato dal Covid, dal distanziamento fisico, dalle restrizioni sofferte dalla popolazione al fine di avviare una forte azione di ristoro non solo economico, ma di riabilitazione sociale e personale;
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è necessario rilanciare l’educazione alla salute nelle scuole attraverso progetti di ‘Scuole che promuovono la salute’, passando da un approccio centrato sul rischio ad uno centrato sulle competenze e le responsabilità; è necessario altresì operare in tutti gli ambienti educativi e giovanili extrascolastici al fine di stabilire un dialogo fecondo sui processi salutogenetici con le giovani generazioni;
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la cultura e le arti possono essere una grande risorsa per la salute in termini di salutogenesi, di benessere sociale, di elaborazione del disagio, di inclusione, di sviluppo della cura di sé e degli altri: la promozione della salute deve esplorare tutte le possibilità per interagire con gli operatori artistici e culturali al fine del coinvolgimento di tutti i gruppi d’età e dello sviluppo di una nuova cultura della salute;
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diviene ancora più urgente operare in termini di equità e di investimento attento e calibrato alle esigenze specifiche dei gruppi fragili e vulnerabili al fine di ridurre le diseguaglianze, ma anche operare per una rinnovata fiducia e ‘fraternità’ comunitarie;
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è necessario adottare in modo estensivo una prospettiva life course in cui le varie esigenze delle fasce d’età e generazioni vengano attentamente considerate e affrontate con interventi dedicati. In questo senso è necessario un deciso intervento promozionale nelle scuole, negli ambienti di vita, nelle reti comunitarie, istituendo tavoli di coordinamento fra tutti i soggetti attivi e responsabili;
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è urgente operare in una prospettiva di riequilibrio ecologico attraverso interventi intersettoriali a vari livelli (dalla città agli accordi internazionali) e sulle varie politiche (trasporti, energia, abitazione, urbanizzazione, ecc.) al fine di concordare e attuare decisi mutamenti capaci di affrontare le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici, del degrado ambientale, dell’inquinamento, ma anche delle esclusioni e conflitti che lacerano il tessuto civico e sociale.
Diventare città promotrici di salute
Fin dalla sua nascita il movimento della PS ha puntato sulle città e sugli ambienti di vita per costruire nuove esperienze che vedessero il coinvolgimento delle popolazioni e di gruppi di tutte le età della vita, con particolare attenzione a quelli giovanili. Sono stati costituiti dei network per condividere le migliori esperienze e sviluppare una nuova cultura della salute. Molto spesso tuttavia i tempi brevi della politica e la contrazione delle risorse comunali non hanno permesso il consolidarsi di esperienze permanenti.
Negli ultimi anni si sono firmati dei Protocolli d’intesa fra Enti comunali, Aziende sanitarie e Sistemi scolastici provinciali per lo sviluppo di iniziative comuni (anche il Comune di Parma ne ha firmato uno a fine 2019). Pare tuttavia necessario che tale iniziative, come si è detto, siano appoggiate ad una struttura permanente che operi in modo incisivo e sistematico. A tal fine, il Sindaco dovrebbe dotarsi di un esperto di fiducia o di un comitato di riferimento per lo sviluppo della promozione, comunicazione ed educazione alla salute nel territorio. Inoltre, si dovrebbe costituire un organismo o un’impresa di comunità dotata di adeguate e variegate competenze umane e di un budget di funzionamento che possa costituire l’infrastruttura tecnico-operativa necessaria. Tale organismo svilupperebbe progetti triennali basati su protocolli di intesa dei vari enti pubblici, no-profit e privati del territorio sui quali far convergere finanziamenti europei, nazionali, regionali e locali. In tal modo la PS avrebbe gambe per camminare e sviluppare un’azione costante e sistematica nei quartieri, nelle scuole, nelle Case della salute, in vari ambienti cittadini. Un’azione che richiederà grosse capacità creative, connettive e comunicative per mettere a frutto le risorse disponibili nei vari settori della vita cittadina al fine di operare per obiettivi comuni.
Si tratterebbe quindi di un investimento qualificante di un welfare comunitario e culturale innovativo di cui una città come Parma potrebbe dotarsi ponendosi come capofila di una ricostruzione del tessuto sociale e di una valorizzazione delle risorse del territorio nella fase successiva a quella emergenziale generata dal Covid-19.
Riferimenti bibliografici
Asvis (2020), Politiche per fronteggiare la crisi da Covid-19 e realizzare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, https://asvis.it/public/asvis2/files/Pubblicazioni/RapportoASviSCovidAgenda2030.pdf
Eupha-Health Promotion, Iuhpe and Unesco Chair Global Health & Education (2020), Una prospettiva di promozione della salute nella risposta al COVID-19: teniamo il cavallo di Troia fuori dai nostri sistemi sanitari, promuoviamo la Salute per tutti nei tempi di crisi e oltre!, “Sistema Salute”., vol. 64, n.2, aprile-giugno.
Ghebreyesus, T.A. (2020), Addressing mental health needs: an integral part of COVID‐19 response, “World Psychiatry” Jun; 19(2): 129–130.
Ingrosso M. (2013), Attualità e riorientamento della Promozione della salute nello scenario sociale contemporaneo, “Sistema Salute”, vol. 57, n°3, luglio-sett.
Ingrosso M. (2018), La cura complessa e collaborativa, Aracne, Roma.
Laverack G. (2017), Health Promotion in Disease Outbreaks and Health Emergencies, CRC Press: Boca Raton, FL, USA.
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