“31 anni e una pandemia”. Capitolo 27: La pianta-strega
Mai fidarsi delle prime impressioni, soprattutto quando osserviamo la natura.
Mai fidarsi delle prime impressioni, soprattutto quando osserviamo la natura.
Un augurio per il nuovo anno, con una poesia di Saida Hamouyehy.
Arriva la nebbia. Oltre alla stagione cambia anche l’evolversi della situazione sanitaria, che si mostra tra scenari vecchi e nuovi.
Quando un suono, un profumo o un immagine risvegliano in noi la nostalgia, non resta che godere dei ricordi che essa accompagna. Proprio come fumo che sale dalla legna ardente.
Un turbinio di pensieri: ancora una volta la Natura non si fa sentire. Si fa sentire, invece, la mancanza del suo ruolo regolatore.
Avere delle certezze, nella vita, è essenziale. Sconvolgerle, metterle in discussione, è l’unica cosa che conta. Come uscire da questo paradosso? Restandoci dentro. Ma anche questo è un paradosso. Benvenuti nella letteratura.
Di Federico Dazzi
Si alza un vento dispettoso, freddo e pungente in una giornata di sole. A ricordarci che nulla ha una sola faccia, e la contraddizione fa parte della natura stessa delle cose.
Quello di arare può essere un gesto simbolico, da cui possiamo solo imparare. Faticare, lavorare sodo con un progetto: così si prepara un terreno di anno in anno migliore.
Scaricare i nostri malumori su chi ci ascolta è un palliativo da usare con cura. Altrimenti anche le caduche foglie autunnali si stancheranno presto di noi.
Anche quando tace, la natura è in ascolto. Perché quando viaggiamo con la memoria noi ci spostiamo, ma la valle, l’albero o il bosco sono sempre stati lì, prima come ora.
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