“31 anni e una pandemia”. Capitolo 22: Terra arata
Quello di arare può essere un gesto simbolico, da cui possiamo solo imparare. Faticare, lavorare sodo con un progetto: così si prepara un terreno di anno in anno migliore.
Quello di arare può essere un gesto simbolico, da cui possiamo solo imparare. Faticare, lavorare sodo con un progetto: così si prepara un terreno di anno in anno migliore.
Scaricare i nostri malumori su chi ci ascolta è un palliativo da usare con cura. Altrimenti anche le caduche foglie autunnali si stancheranno presto di noi.
Anche quando tace, la natura è in ascolto. Perché quando viaggiamo con la memoria noi ci spostiamo, ma la valle, l’albero o il bosco sono sempre stati lì, prima come ora.
Il movimento della luna sui monti ci ricorda lo scorrere del tempo, così fugace il presente, così dolce il passato.
D’improvviso la grandine. Anche lei incarna i nostri peggiori vizi?
La pandemia ci ha portato a riflettere anche sulla quotidianità. Come si può viverla?
«Qui vige la regola che quando qualcuno inizia a fare una pila di sassi, tutti cominciano a fare pile di sassi». Abbiamo bisogno di luoghi mitici, in cui i gesti che compiamo trascendono la contingenza per un simbolismo universale.
Il mare, da sempre così affascinante: il colore, il suono il sapore. Ma ha anch’esso qualcosa da dirci sulla nostra sconsideratezza.
Il contatto con la Natura, riscoperta dopo i mesi di chiusure, genera un’insofferenza verso i luoghi chiusi e stantii. Una buona prassi da rispettare sempre.
I solchi dei calanchi custodiscono millenni. A noi è concesso snobbare l’istante di un minimo gesto.
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